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Le fabbriche del bijou

Le fabbriche del bijou

Giulio Galluzzi

Giulio Galluzzi nacque a Codogno il 23 gennaio 1855.

Di famiglia povera, all’età di dieci anni cominciò a lavorare alle dipendenze di un orefice-orologiaio e vi rimase fino alla chiamata alle armi. Ritornato dopo 3 anni dal servizio militare e non avendo trovato lavoro presso il vecchio principale, raggiunse uno dei fratelli a Casalmaggiore dove iniziò la vendita di minuterie metalliche e a riparare oggetti di oreficeria. Verso il 1880 cominciò la produzione di oggetti in placcato oro ottenendolo mediante adesione della foglia d’oro al metallo grezzo con saldatura d’argento.

Nel 1882 riuscì a produrre la prima lastra usando una morsa da fabbro per la pressione e sostituendo il laminatoio a mano al martello. Il suo piccolo laboratorio ebbe un immediato successo: in Italia esisteva già un mercato della bigiotteria, ma si trattava di prodotti di importazione, dalla Francia e dall’Inghilterra che già da circa cinquant’anni fabbricavano gioielli “falsi” per la borghesia e la piccola nobiltà. Quello che mancava in Italia era la tecnica di placcatura a cui Giulio Galluzzi arrivò per intuizione, dovuta anche al suo passato di orafo e riparatore.

Nel 1887 iniziava l’esportazione al Brasile con risultati sorprendenti, e nel 1906 lavoravano per lui già un centinaio di operai. Giulio Galluzzi, sposatosi con la casalasca Irene De Pietri–Modrone di Fossacaprara, ebbe sette figli: Gaetano, Arnaldo, Enea, Lucio, Tiziano, Ezio e Nidia. Tutti e sei i figli maschi si uniranno al padre nella gestione della ditta e il loro ingresso diede una importante svolta verso una organizzazione industriale del lavoro. Dagli atti della Camera di Commercio di Cremona risulta che la ditta cessa nel 1927 cedendo l’attività alla Società Anonima Fabbriche Riunite Placcato Oro. I figli del Galluzzi seguiranno il padre e diventeranno soci.

Galluzzi morì il 19 luglio 1932: lasciò una Casalmaggiore ben diversa da quella conosciuta quando era arrivato nel 1878, e che lui stesso aveva contribuito a risvegliare, trasformandola in centro industriale di riferimento per il mercato della bigiotteria, ma soprattutto, riuscendo a creare una “discendenza” in grado di continuare la sua opera e di mantenere i primati da lui raggiunti.

Fonte: "L'industria della bigiotteria a Casalmaggiore" - tesi di laurea di Annelisa Zani

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La Società Federale Orefici

Nel 1905 un gruppo di operai della «G.G.» abbandona Galluzzi per creare la Società Federale Orefici. Alla base della decisione, un aumento di stipendio negato dal titolare: scatta lo sciopero da parte di alcuni capireparto che, riuniti da Carlo Savi, daranno vita alla «S.F.O.» (Società Federale Orefici), fondata ufficialmente il 20 aprile 1906, come "lndustria lavorazione Placcato Oro”. I nove soci fondatori furono Umberto Araldi, Italo Aroldi, Gerolamo Bobbio, Francesco Bongiovanni, Lucedio Calestani, Pietro Modrone, Enrico Saporiti, il citato Savi e Luigi Zaffanella.

La «Società Federale Orefici» nasce quindi quando l’industria della bigiotteria casalasca è già affermata anche a livello internazionale, e saprà subito farsi notare, creando a sua volta un ampio mercato per la propria produzione e il marchio «S.F.O.» diventa d’esportazione. Fin nei primi anni di attività, otterrà importanti riconoscimenti, come il diploma di medaglia d’oro all’Esposizione Agricola ed Industriale di Casalmaggiore del 1910 e del 1912, e la medaglia d’argento all’Esposizione di Torino del 1911.

Nel 1914/1915, occupa circa 60 operai: alcuni a cottimo e alcuni a giornata. Nel 1916, uno dei soci fondatori, Carlo Savi, temendo il fallimento della sua impresa (molti degli operai, anche di lungo corso, erano stati chiamati alle armi), si suicida all’interno dello stabilimento: fu un vero trauma, ricordato con sofferenza da tantissima parte della popolazione anche a decenni di distanza. La «S.F.O.» riesce a superare comunque la Prima Guerra Mondiale e a continuare a pieno ritmo la produzione di bigiotteria. La sua forza risiedeva soprattutto nell’organizzazione del lavoro: diversamente da quanto accadeva presso Galluzzi (ogni operaio seguiva il bijou fase per fase), nella Federale il lavoro era strutturato a settori, quasi a “catena di montaggio”, in ambienti diversi e separati per ogni procedimento.

Tra le industrie casalasche, la «S.F.O.» era quella che annoverava il maggior numero di addetti. Non stupisce quindi che le altre due imprese (la vecchia Galluzzi, e Il Placcato di Maffei, di recente formazione) si siano tanto prodigate per una fusione con la «S.F.O.»: unirsi ad un’impresa di tali dimensioni voleva dire eliminare una fortissima concorrente.

Fonte: "L'industria della bigiotteria a Casalmaggiore" - tesi di laurea di Annelisa Zani

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Il Placcato di Giuseppe Maffei

Nato a Pinzolo (TN) nel 1892, Giuseppe Maffei si trasferì a Casalmaggiore nel 1905 dove la famiglia avviò un commercio di casalinghi e vasellame. Rimasto presto orfano di padre, proseguì con i fratelli nell’attività paterna che ben presto si ingrandì. Maffei, che già aveva dimostrato le sue attitudini industriali, reinvestì i guadagni ottenuti nell’industria che si dimostrava tra le più promettenti del periodo: quella della bigiotteria. Nel 1920 fondò «Il Placcato». Sfruttando l’esperienza acquisita nel corso degli anni dalla manodopera locale, Giuseppe Maffei e i suoi soci realizzarono in breve quello che alle altre due imprese aveva richiesto tempo, denaro e fatica.

Così che, alla Fiera Campionaria di Milano del 1920, a pochi mesi dalla fondazione, «Il Placcato» affiancò la «Galluzzi Giulio» a rappresentare la produzione di bigiotteria. Il successo della ditta, sita in un grande e moderno stabilimento, era dovuto sia alla potenzialità della produzione che alla perfetta esecuzione, solidità ed eleganza di ogni pezzo, da quello di più modesto valore a quello più prezioso. La fabbrica nei periodi di massima attività impiegava fino a centocinquanta operai ed esportava in tutto il mondo.

Nel 1926 le tre grandi industrie del placcato oro, forse proprio su pressione dello stesso Maffei, si fusero in un’unica impresa: la Società Anonima Fabbriche Riunite Placcato Oro. Lo spirito de «Il Placcato» nella figura di Giuseppe Maffei emergerà quando, nella nuova ditta, egli si incaricherà della gestione diretta del settore commerciale.

Fonte: "L'industria della bigiotteria a Casalmaggiore" - tesi di laurea di Annelisa Zani

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Le Fabbriche Riunite

L’8 dicembre 1926 fu costituita la «Società Anonima Fabbriche Riunite Placcato Oro - Federale - Galluzzi - Maffei». Sotto questa denominazione si fusero le tre ditte principali esistenti a Casalmaggiore per formare una nuova realtà più grande e redditizia. Lo Statuto stabilisce che l’oggetto sociale è la lavorazione di qualsiasi metallo in piccoli oggetti, e del placcato oro; Giuseppe Maffei, Italo Aroldi, Gerolamo Bobbio, Francesco Bongiovanni, Lucedio Calestani, Pietro Modrone, Enrico Saporiti, Luigi Zaffanella, e i Galluzzi Enea, Gaetano, Arnaldo, Tiziano ed Ezio costituivano il gruppo dei soci.

Giulio Galluzzi vide riconosciuto il suo ruolo di “patriarca” con l’assegnazione della carica di Presidente Onorario, mentre tutta l’amministrazione restò nelle mani degli ex–Federali. Maffei, insieme alla maggioranza delle quote, si assicurò la gestione contabile. La neo–nata industria dovette molto alla dittatura del Partito Fascista che le commissionava ogni tipo di fornitura militare compatibile con la sua produzione. Di contro le Riunite rispondevano agli inviti di ampliamento commerciale che il Regime diffondeva in tutta Italia e a tutte le proposte di tipo organizzativo, tanto che i suoi dirigenti saranno tra i primi a firmare nel 1929 un Contratto Collettivo di Lavoro con i rappresentanti sindacali dei dipendenti.

E’ l’unico Contratto Collettivo di Lavoro nell’ambito della gioielleria–bigiotteria. Nel 1932 l'industria del placcato di Casalmaggiore arriva ad occupare circa 330 operai: è considerata un punto di forza dell’economia nazionale in quanto “unica nel suo genere in tutta Italia”. Nel 1933 alla «F.R.P.O.» viene commissionata la creazione del distintivo per l’adunata delle Camicie Nere a Roma, e fu la stessa ditta a produrre le fedi in metallo che ricevettero le spose italiane in cambio delle vere d’oro donate alla Patria. Con la fine della Seconda Guerra Mondiale e, soprattutto, con la caduta del Fascismo, comincerà il declino della bigiotteria e della «F.R.P.O.».

La chiusura ufficiale della produzione di bigiotteria avvenne nel 1978, a un secolo esatto dall’arrivo di Giulio Galluzzi a Casalmaggiore. Ora la fabbrica doveva sbarazzarsi di un infinito campionario di bigiotteria, per fare spazio a nuovi macchinari e nuove tipologie di prodotti: questi oltre 25 mila pezzi costituiranno il patrimonio del Museo del Bijou di Casalmaggiore.

Fonte: "L'industria della bigiotteria a Casalmaggiore" - tesi di laurea di Annelisa Zani

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Storia di "Le fabbriche riunite" (formato PDF - 5800 KB)
I rapporti con il regime fascista (formato PDF - 1600 KB)
La "luce" del dopoguerra (formato PDF - 1950 KB)
L'onta del collaborazionismo (formato PDF - 2700 KB)
Chiude la produzione di bijoux (formato PDF - 2100 KB)
La nascita del museo del bijou (formato PDF - 6400 KB)

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